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CACCIATORI D'INFINITO

Nella Sierra madre occidentale del Messico esiste ancora un popolo dalle origini antichissime, una minoranza etnica chiamata Huicholes, la cui spiritualità contempla la raccolta e il consumo del Peyote, un cactus dagli effetti allucinogeni molto forti. Loro credono fortemente che l’utilizzo di questa pianta medicinale li aiuti a comunicare con gli dei, a conoscere la storia degli antenati e a prevenire ciò che avverrà in futuro tramite sogni premonitori.   Per questo motivo aver letto in precedenza tantissimi libri in proposito, ci era servito affinché non arrivassimo del tutto impreparati anche se, per quanto tu possa organizzare qualcosa, non sarai mai al 100% pronto per quello che ti aspetta. Dopo aver stazionato per un paio di giorni a San Luis Potosí, prendiamo un bus in direzione deserto, dove avremmo speso un paio di giorni. Giorni che son diventati poi settimane, come sempre non previste, ma un passo alla volta.   Avevamo sentito parlare del deserto da un caro nostro amico che aveva avuto l’opportunità di assistere ad una cerimonia con l’Etnia Huichol e ci aveva “preparato” un po’ sul da farsi. Varie raccomandazioni sul dove sostare, insomma tutte le dritte possibili per viversi il tutto più serenamente, contando che non avevamo mai provato una medicina sacra come questa. Farsi rapire dai racconti su Don Juan di Castaneda ha sempre sortito un enorme effetto sulle nostre scelte. Ci ha incuriosito, ci ha portato a documentarci per capirne di più ed è cosi che abbiamo scoperto un po’ di cose.   La loro Trinità è composta dal Mais, dal Cervo e dal Peyote che si fondono in una sola divinità: il Cervo blu. I primi due rappresentano il sostentamento vitale mentre il peyote ti aiuta ad incontrare la divinità massima - il cervo blu- e osservandoti e visitandoti, riconosce come sanare le ferite psichiche e fisiche. Il peyote, quindi, non viene inteso come una droga a scopo ricreativo ma una medicina che ha come scopo quello di andare in profondità nella psiche umana. È uno stato transitorio dove una volta finito l’utilizzo, sta a te come lavorarci. Secondo la concezione Huichol, esistono due tipi di malattie: la prima è quella portata dagli spagnoli che va curata con la medicina scientifica e invece l’altra malattia,quella originaria della Sierra, va curata con la medicina tradizionale sciamanica. Esse si ricollegano a tre cause: la mancanza di responsabilità verso gli dei, il maleficio e la perdita dell’anima. Ognuno ha una soluzione differente dalla prima che va dalle offerte da donare alle divinità tramite lo sciamano, il secondo tipo richiede una purificazione effettuata dallo sciamano utilizzando le piume di un uccello sciamanivo e soffiando fumo di tabacco sul Corpo da guarire. La terza causa di malattia è legata al kupuri ovvero quella parte di anima che si trova nella parte superiore della testa, e che se viene persa, sta allo sciamano ritrovarla e rimetterla a posto. Bisogna fare una premessa però: il Peyote lavora differentemente, per ciascun individuo, e ogni singolo corpo e mente reagiscono in maniera diversa. IL set-setting è tutto: essere in un certo mood e in un determinato contesto influenzerà tantissimo gli effetti che la medicina avrà su di te.   Nel corso delle giornate, per ambientarci un attimo, abbiamo avuto il piacere di fare tantissimi incontri e questo ci ha dato da pensare. Ogni persona che viene qui ha un motivo unico ed estremamente personale per arrivare ad assumere il peyote. Per risolvere una situazione che ti affligge da anni? Assolutamente. Per ricevere risposte a domande che ti assillano? Certo. Guarire da una malattia che sia fisica che mentale? Ancora di più. Niente deve, però, avere a che fare con l’effetto ricreativo. Devi avere un’intenzione molto forte, fissata nella tua mente e vissuta nel tuo cuore, un qualcosa su cui la pianta può lavorare.  Come dicono i nativi americani: “ E’ il peyote che trova te e non il contrario.”   Carichi di acqua,cappello, bastone e indumenti lunghi per proteggerci dal caldo e dalle spine dei cactus (nel deserto sono ovunque, soprattutto quando inizi ad addentrarti verso l’interno tra hierba gobernadora e cespugli di creosoto) iniziamo il nostro cammino lungo i sentieri impolverati che circondano tutto il paesino. Partire alle prime luci dell’alba aiuta a prevenire le ondate di caldo e ti da più lucidità nel trovare il peyote anche se nel corso degli anni, a detta di molti nativi, ne si trova sempre meno. Ci hanno raccontato che in passato il deserto sacro di Wirikuta é stato concesso ad una società canadese di estrazione di metalli preziosi che ha consumato drasticamente l’acqua preziosa, provocando un conseguente disastro ambientale. Gli scarti di rifiuti, contenenti cianuro, hanno contaminato ulteriormente l’area riducendo la crescita del Peyote fino alla quasi totale scomparsa. Dal 1988 il deserto di Wirikuta é stato dichiarato, quindi,  ‘riserva ecologica naturale e culturale’ dal governo messicano, per questo motivo l’etnia huichole è più che mai schierata ad attirare l’attenzione affinché non vengano lasciati a loro stessi a combattere contro le compagnie minerarie. Per questo motivo non bisogna andare nel deserto con l’intento di depredarlo dai peyote ma raccogliere solo il necessario, grazie alle attenzioni e ai suggerimenti dei huicholes stessi.   Ci viene spiegato che gli effetti psichedelici del peyote, in quanto la parte superiore contiene la mescalina, sono molteplici e differenti da persona a persona ma soprattutto richiede molta attenzione. Assumerli con paura e timore servirebbe solo a scatenare il contrario e ad innescare effetti contrari quali nausea, vomito e diarrea.  La ricerca continua seguendo uno schema ben preciso: il primo peyote trovato non verrà toccato. IL secondo peyote trovato, indicherà la direzione in cui procedere. Il terzo peyote trovato sarà quello giusto da assumere. Chiedendo il permesso alla Madre terra, chiudiamo gli occhi ed esprimiamo la nostra intenzione mentalmente a chiare lettere. Per un attimo il tempo si è fermato e l’unica cosa che si fa sentire è un po’ di vento che ci rinfresca il viso, quasi a ricordarci di poter procedere coscienziosamente. Ed ecco che avviene il momento dell’incisione: con il coltello taglio la parte superiore del peyote, mi trema un po’ la mano per l’emozione, d’altronde è un qualcosa mai fatto prima e mi accorgo che si taglia come il burro. Ricopro con cura la parte finale con la terra, metto un po’ d’acqua affinché ricresca nuovamente, ringrazio la Pacha Mama e piano piano inizio a ripulire la parte superiore togliendo tutta la peluria, i piccoli puntini e la parte in mezzo prima di mangiarlo. Dopo aver effettuato una scrupolosa pulizia e averlo sciacquato con l’acqua, guardo Matteo con la consapevolezza che non sarà a come mangiare un pezzo di cioccolato. Mastico un pezzo. E un altro. E alla fine lo mangio tutto. Cerco di tenere il boccone da un lato cosicché non vada a finire sulla lingua ma è troppo tardi: il sapore si sprigiona in tutta la mia bocca e l’amaro inizia a farsi spazio, ricordandomi il ‘gusto’ di 10 pastiglie di paracetamolo mangiate nello stesso momento. Ingoio. La parte piu difficile è andata. Non sono per niente preoccupata anzi, sono tranquilla e consapevole che non mi succederà niente di grave. La medicina farà il suo corso.   E’ la volta di Matteo, lo guardo ma sono certa che andrà bene, d’altronde non aspettava altro che questo momento. Scrupolosamente segue tutti i passaggi e pezzo dopo pezzo, ingoia anche lui il suo peyote, storcendo un po’ il naso per via del terribile sapore. Ci guardiamo intorno e siamo solo noi, li, un po’ come dei vagabondi pero consapevoli di essere nel posto giusto al momento giusto. Chiudiamo gli occhi e facciamo un respiro profondo. Dopo neanche un’oretta, complice il fatto di essere a stomaco vuoto, i colori iniziano ad essere piu vividi, i suoni sembrano attraversarci la pelle e la sensazione di fluttuare sulla terra si accentua sempre di più. Non siamo spaventati anzi, sapevamo benissimo che la sensazione sarebbe potuta essere forte ma sempre diversa, a seconda della persona che lo prova. Difatti io mi sento bene: nessun tipo di percezione è cambiata o si è dilatata nel tempo. L’unica cosa che sento è un profondo senso di benessere e consapevolezza interiore. Mi sento certa del nostro percorso, e coinvolta dal momento inizio a piangere di gioia, commuovendomi ad ogni angolo del paese desertico. Guardo Matteo e lui ricambia il mio sorriso, completamente in pace con se stesso. Si mette un po’ a ridere ma si emoziona anche lui vedendomi coinvolta così tanto e, abbracciandomi forte, mi ringrazia di aver condiviso un’esperienza del genere insieme. Forse ora inizio a capire perche i Huicholes credono fermamente in questa medicina e la utilizzano da centinaia di migliaia di anni per curare i mali delle persone: ha la capacita di risanare cuore e mente (ovviamente se fatto con attenzione, con consapevolezza ma soprattutto guidati e aiutati da una persona del posto). Questo viaggio, fisico e introspettivo al tempo stesso, inizia a scendere piano piano. Dopo circa 8-10 ore, ci rendiamo conto di esser tornati in “noi stessi”, un ritorno liscio come l’olio, che ci conferma di aver scelto bene: assumerli in mattinata ti da la possibilità di viverti bene l’esperienza con il peyote per tutta la giornata.   Sicuramente è un tipo di esperienza che consiglieremmo a qualsiasi tipo di persona. Perché? Perché no? La capacità che ti da di connetterti con l’esterno ma soprattutto con il nostro sé  va al di la di ogni aspettativa ma soprattutto quando esprimi un’intenzione, quando poni una domanda per cui ricerchi cosi tanto una risposta, capisci che la risposta è proprio li e il peyote ti sta dando modo di accoglierla. A volte abbiamo bisogno di andare incontro ad un qualcosa che ci fa male per imparare a capire come affrontarlo e di conseguenza, trarne il giusto insegnamento. E’ stato estremamente illuminante. Tutto era cosi travolgente che piangere è stata una delle reazioni più normali e umane che potessimo avere. Tutto ciò che queste piante ci fanno vedere, come ci avevano pre annunciato i nativi, è  già dentro di noi. Noi sappiamo già tutto ma non sempre vediamo le cose per quello che sono ed è li, allora, che entrano in gioco le piante: sono lì per aiutarti, per ampliare la mente e intensificare le emozioni.   Detto ciò, assumere il Peyote nel deserto messicano è stata un’esperienza incredibile, una delle più intense avute e che non dimenticheremo mai. Sentirsi in pace, senza paranoie, completamente connessi alla natura è stato magnifico. Connettendosi con le proprie intenzioni e ‘intuizioni’, si decide di lasciar andare i propri blocchi emotivi, e quelle congetture mentali derivanti da insegnamenti troppo rigidi e ordinari. Essere a conoscenza del fatto che persone sono guarite da malattie in seguito all’assunzione di questa pianta, ci da modo di pensare a come mai, nel mondo occidentale siamo cosi dipendenti da ‘pillole per tutto’, quando invece Madre Natura ci dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno. E’ triste riconoscere come noi abbiamo perso questo ‘legame’ ed è sorprendente, al tempo stesso, notare come i nativi americani stiano mantenendo la loro conoscenza e la loro connessione con la natura, nonostante il progresso avanzi sempre più velocemente.   E se abbandonassimo di più questa feroce lotta verso il successo economico e non ci riprendessimo un po’ più di umanità e connessione con il prossimo e con la natura? Forse riusciremmo finalmente, a placare un po’ della nostra irrequietezza.

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